Sulla musica contemporanea a noi stessi e sul rapporto del compositore con il pubblico

john cage

 

 

La musica è un fenomeno che necessita di un contesto fisico e sociale per essere esperito e il contesto stesso permea l’atto interpretativo.

Quando si definisce la musica come “contemporanea” sono costretto ad accettare questa aggettivazione come prassi del linguaggio comune, tuttavia la considero una specificazione inutile: io non riuscirei a scrivere musica non contemporanea a me stesso.

Altrettanto logica è l’evoluzione della società, della cultura e della tecnica che inevitabilmente influenza anche la musica. Gli sviluppi tecnologici aggiungono nuove logiche e nuovi materiali che, se da un lato aumentano le tensioni, dall’altro aprono nuove prospettive per chi conosce e sa leggerne i codici, superando il primo livello epidermico di timore dell’ignoto.

Il compositore non si occupa solo di musica ma anche di ricerca musicale e nell’ultimo secolo la nostra attenzione ha rivalutato nuovi parametri, come il timbro, che fino a pochi decenni fa sembrava essere solo una materia tecnica appartenente ai liutai o una conseguenza poco controllabile della melodia e dell’armonia. Nel nuovo ruolo di compositori-liutai siamo arrivati a creare i “suoni senza mondo”: nell’utopia dell’ascolto ridotto, sono quei suoni impossibili da associare a uno strumento o ad un fenomeno materiale e visivo, come invece è sempre accaduto nella musica tradizionale.

Poi ci siamo girati indietro e abbiamo visto che il pubblico non ci seguiva più, condivideva sempre meno la nostra fascinazione per il nuovo mondo musicale.

In parte è necessario che chi ha scritto musica senza pensare all’importanza del contesto rifletta su quanto accaduto: è innegabile il fatto che spesso gli ascoltatori siano stati allontanati con presunzione di superiorità da una parte del mondo accademico musicale. Dall’altra parte c’è e c’è sempre stato l’uditorio che fatica a stare al passo con evoluzioni sempre più rapide e apparentemente scollegate con gli “appigli stabili” del sistema temperato.

Ai nuovi compositori spetta un difficile lavoro di riavvicinamento con il pubblico, sarà necessario chiarire che hanno sempre meno senso le trasgressioni provocatorie tipiche dell’avanguardia artistica passata. Il rifiuto del passato e addirittura del presente appartiene al futurismo e il futurismo è stato superato dal futuro stesso: è finita l’epoca del “nuovo” come unico valore. Lo straniamento è un concetto abusato o perlomeno non può più essere il solo protagonista dell’atto creativo.

Tuttavia è altrettanto obbligatorio accompagnare il pubblico nello sforzo necessario per liberarsi dal concetto di bellezza classica. L’epoca delle “belle arti” conserva il proprio valore solo nei musei. Le nuove creazioni artistiche, nelle quali includo la musica come arte dei suoni, devono essere principalmente interessanti, non belle. Ma non per questo devono rinunciare al moto degli affetti.

Le strategie tecniche per realizzare una nuova musica e riconciliarci con chi la ascolta sono diverse e in parte già avviate, tuttavia il fine non è mai ciò che facciamo ma è sempre la nostra continuazione.

Gli ascoltatori e i compositori non possono esimersi da questa fatica: vedo l’arte contemporanea come una interessante lettura filosofica, faticosa ma alla fine gratificante, dopo la quale è difficile tornare indietro a leggere le favole.

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